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(24.06.10)

 Sulla sofferenza e sulla guarigione (e sul "perché non ha sanato almeno me?")

Quel “qualcosa che viene da fuori” non può essere prodotto umano. Può essere solo la grazia di Dio, e l'unico modo di appropriarcene, è di frequentare i sacramenti. A costo di sembrare seccanti ai sacerdoti che ce li devono amministrare.

Quando Gesù passava per le strade della Palestina e risanava la gente dalle malattie più diverse, ci saranno stati certamente alcuni che per un motivo o per l'altro non sono stati sanati.

Per esempio, non erano lì quel giorno, oppure non hanno voluto avvicinarsi a Gesù perché avevano sentito dai farisei che quell'uomo doveva essere un impostore. Oppure il caso di quelli che quando hanno avuto notizie di Gesù (le notizie viaggiavano lente, mica c'erano TV e internet), Lui era già morto e risorto e asceso al Cielo...

Gesù però guariva il corpo solo per risvegliare l'anima. Quei miracoli mettevano alla prova la fede della gente. Al paralitico che gli calano dal tetto, la prima cosa che dice è: “ti sono rimessi i tuoi peccati”. Se quel paralitico non avesse avuto fede, allora avrebbe risposto adirato: “tutto qui? non mi guarisci? ero venuto per guarire, e tu mi parli di peccati?”

Alla cananea Gesù dice: “non è bene che una mamma getti ai cagnolini il pane riservato ai bambini”. Quella donna, se non avesse avuto fede, avrebbe risposto: “ma come ti permetti? definisci «cani» me e mia figlia?” (e i giudei che stavano intorno avrebbero sghignazzato, fregandosi le mani, sgomitando tra loro, dicendosi: “evviva! lo abbiamo sempre detto che gli stranieri non hanno fede!”). E invece la cananea risponde umilmente: “ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono giù dal tavolo dei bambini”. E viene accontentata.

Però quelli sanati da Gesù sono solo una piccola percentuale di quelli che nel mondo dell'epoca erano malati. Magari in tanti si saranno detti: “ma come? Gesù ha risuscitato Lazzaro che era già morto e puzzava di cadavere, e non è qui a guarirmi la gamba rotta?”

C'è addirittura un caso in cui Gesù guarisce dieci lebbrosi, e solo uno di loro torna a ringraziare. Gli altri, avuta la guarigione, se ne tornano sulla loro strada. Magari quello con la gamba rotta era proprio uno di quei nove ex lebbrosi ingrati. Quando torna lì dove aveva sentito che Gesù aveva compiuto miracoli, non avrà trovato più nessuno: gli dicono che Gesù è andato a predicare altrove. E magari lui, già dimenticando la precedente guarigione, guardando la sua gamba comincia a imprecare: “quanta fatica m'è costata venire fin qui con questa gamba rotta, e ora non posso essere guarito!”

Quelli che si facevano una domanda del genere (“perché Gesù non è qui a guarirmi?”) non avevano capito il motivo per cui Gesù guariva. E non avevano capito che se Gesù non guarisce tutti è perché per alcuni la guarigione può essere motivo di peccato, di orgoglio, di ingratitudine, di trascuratezza nella fede, di pericolo (anche lontano) per l'anima...

E non avrebbero neppure capito che Lui ha sofferto più di tutti noi in croce, e perciò terrà conto di ogni nostra più piccola sofferenza. Chi soffre in questa vita, verrà ampiamente ricompensato nell'altra. Ciò che conta, in questa vita, è assicurarsi la fede, mendicare la divina grazia. Tutto ciò che fai e che vivi vale infinitamente di più perché hai questa lunga serie di sofferenze nella tua vita, sofferenze che non ti sei cercata e che volentieri toglieresti se si potesse fare.

Quando un giorno ci presenteremo al cospetto del Signore, ci sentiremo dire: “tu hai tanto sofferto nella tua vita terrena...” Ed a quel punto ci ricorderemo cosa abbiamo fatto nella sofferenza.

Abbiamo odiato tutto e tutti? Oppure, nonostante la sofferenza, abbiamo continuato a mendicare la grazia di Dio?

Abbiamo considerato la nostra sofferenza come una scusa per non amare Cristo? Oppure, nei nostri limiti, nelle nostre difficoltà di tutti i giorni, nel nostro piccolo, abbiamo amato Cristo?

In paradiso ci vanno le anime semplici, quelle che si ostinano ad amare Cristo nonostante le difficoltà della vita. Il primo a seguire Gesù in paradiso è stato il “buon ladrone”; invece di lamentarsi per la sofferenza, come faceva l'altro ladrone crocifisso lì, chiede a Gesù di portarselo con sé nel suo “Regno”.

La sofferenza ha un senso che raramente sappiamo cogliere.

E quando la sofferenza è innocente vale ancora di più, infinitamente di più.

C'è qualcosa che viene “prima”, prima della salute, dei soldi, dell'avere una bella famiglia, una bella moglie, dei bei figli... qualcosa che viene prima di tutto questo.

Io non sono il tuo datore di lavoro, e perciò non posso decidere cosa ci sia da fare nel tuo caso. Però mi ricordo che c'è gente che per un problema passeggero è stata licenziata. Ci sono donne che vengono licenziate durante un periodo di malattia, come la madre di un mio amico che ho visto sabato. Ci sono donne che vengono licenziate perché sono incinte.

Sì, quel cielo sembra nero. Con le tue condizioni di salute, non può certo sembrare rosa. Nessuno vorrebbe stare nei tuoi panni... a meno che non sia messo ancora più male di te.

Quando sei nel dolore, quando quel cielo ti sembra nero, ricordati che ci sono persone che pregano per te. Non sono solo io. Ci sono anche persone che non conosciamo e che pregano per te, dal chiuso dei loro conventi e monasteri e delle loro chiese, pregano per la gente che soffre affinché quelle sofferenze o spariscano o portino frutti, talmente tanti frutti da farle dimenticare.

Ecco, come al solito quando comincio a scrivere non finisco più, come al solito ti ho rifilato un'altra predica e ho fatto tardissimo. Sono buono solo a fare prediche. Per me è facile parlare, perché ho sofferto poco in vita mia. Ti avrei solo dovuto ricordare (perché è importante ricordarselo sempre) che ogni sofferenza verrà “ricompensata” molto più di quanto noi non riusciremmo mai ad immaginare.

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(13.6.09)