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(24.06.10)

 Per gli auguri di un Buon Natale




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(23.12.09)

 Per gli auguri di un Buon Natale




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(21.12.09)

 Gli Utili Idioti della Morale dei Barbari

Perdendo la fede si perde anche la morale. Che prima viene compressa in un galateo perbenista e poi esplode in una barbarie nichilista.

Ma ciò che oggi mi lascia più perplesso sono i laudatori della nuova morale. Di quelli che non praticano la sodomia, ma la elogiano: “che c'è di male?” Di quelli che non proferiscono bestemmia, ma la presentano come normalità: “che c'è di male?” Di quelli che non uccidono bambini, ma difendono con le unghie e coi denti il “diritto” di farlo... (tanto per fare i soliti primi tre esempi che vengono in mente).

Insomma, di quelli che in vita loro non hanno mai commesso un determinato tipo di peccati - e magari non ne troveranno mai il coraggio di farlo - però scrivono prestigiosi articoli su più o meno prestigiose riviste per difendere il diritto a commetterli.

Sono gli utili idioti della nuova barbarie.

E si riconoscono perché sono terribilmente permalosi, infinitamente suscettibili, assurdamente inclini all'indignazione contro chi non è pienamente d'accordo con le loro stupidaggini - ereditate, tanto per cambiare, dal Potere, ossia dal principe di questo mondo.

Costoro, il giorno del giudizio, tenteranno di scolparsi: ma quando mai, o Signore, ti abbiamo ucciso? Quando mai abbiamo bestemmiato il tuo nome?

E si adireranno contro il Signore, urlandogli: ma Signore, te la sei presa per così poco? Con la fame nel mondo, con le guerre che si vedevano in TV, e tu te la prendi perché ti abbiamo mancato di rispetto?

Ma noi mica ci sentivamo delle bestie! Per quelle piccolezze, poi! E che saranno mai state? Ma insomma, Signore! Te la prendi per così poco? Vuoi proprio farci la predica, come quelli che ci perseguitavano con le loro prediche perché eravamo meno rubricisti di loro?

Ma insomma, basta, Signore, non ti vergogni? Ma veramente ti sei infuriato per quella statua? Ma non capisci niente di arte? Ma come ti permetti, o Signore, di farci la morale? Ma chi credi di essere?

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(20.12.09)

 Per gli auguri di un Buon Natale




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(19.12.09)

 Clandestino Zoom

Intelligenti pauca. Cito qui un paio di deliziosi interventi dalla newsletter di clanDestino Zoom (della rivista clanDestino).

La notizia da non tacere

A Natale si parli del natale.
Questa è una piccola regola semplice, per irrobustire i cervelli e le anime, se uno ce l'ha ancora desta e non in stato comatoso. Perché a Natale quasi nessuno parla del Natale.
Lo fanno un po' i preti in chiesa, ma spesso viene da augurarsi che non lo facciano, ché forse è meglio. Ma insomma, meglio di niente.
Si parli del Natale, a Natale, magari bevendo qualcosa, o mangiando tra amici e parenti. Si parli di lui, di Gesù. Come se si parlasse di calcio. O di cinema.
O meglio, no, non proprio come se si parlasse di calcio o di cinema: ma come se si parlasse di ciò che fa bello il calcio e bello il cinema. Di ciò che dà gusto all'esser qui e ora.
Perché senza il Natale, la vita dove siamo sarebbe solo “un piccolo naviglio di tristezza che solca l'oscurità dell'autunno in questo silenzio velato” come ha scritto un forte scrittore irlandese, John Banville.
Invece no, la vita non è più “un piccolo naviglio di tristezza”. La notizia non è una notizia fatta di parole, o di pensieri. E' una notizia di carne e ossa, una notizia presente.
Senza Gesù, Natale potrebbe essere la festa più triste del mondo, e per molti lo è. Si parli di lui, dunque, nella sua festa. Si parli di lui, del capitano che ha invertito la rotta del piccolo naviglio.
Ed a proposito dell'argomento di cui si parla sempre:
Il problema non è lui

L'Italia è al 157° posto come livello della qualità della macchina della giustizia nel mondo. All'incirca come Gabon e Zambia.
Il problema non è il processo a Berlusconi, ma tutti gli altri processi. Che sono lenti, procrastinati da avvocati e giudici, da norme che da un lato garantiscono l'imputato (come ad es. i tre gradi di giudizio etc) ma dall'altro ledono la parte offesa e la speranza del riconoscimento di diritti. Questo è il problema della giustizia in Italia.
Berlusconi vada al processo e se riesce si faccia assolvere. Se lo condanneranno lasci i pubblici uffici e la coalizione che lo ha voluto come presidente del Consiglio indichi a Napolitano un altro premier a cui affidare il governo per il resto della legislatura. Se Berlusconi - attenendosi alla legge che gli permette di avanzare legittimi impedimenti legati all'attività di governo - riesce a evitare il processo durante la durata che gli resta di premierato, ok, se la vedrà dopo.
Ma la si pianti di dire che il problema della giustizia in Italia è il signor Berlusconi. Il problema è e riguarda tutti gli altri. Non metterci mano o metterci mano male è un delitto non per una parte politica ma per l'intera classe dirigente, maggioranza o opposizione che sia.
Leggo poi da Fides et Forma la notizia riguardante quei “padri” contro i quali trattengo a stento le più sentite maledizioni e le amarissime considerazioni sul fatto che i nemici più viscidi della santa Chiesa sono al suo interno. Quella statua - coincidenza agghiacciante - sembra proprio la statua della maternità nel romanzo Il padrone del mondo di Benson. Intelligenti pauca.

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(18.12.09)

 Per gli auguri di un Buon Natale




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(17.12.09)

 Per gli auguri di un Buon Natale




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(15.12.09)

 Falsa pietà (bastò un solo indizio)

(Questa truce pagina si può seguire meglio se in sottofondo c'è “Think About You” dei Guns'n'Roses)

Da bambino fui portato ad un pellegrinaggio organizzato, di quelli che vien riempito un vecchio autobus - per lo più di pie vecchine della parrocchia - e si va a Messa in qualche santuario. Dopo la Messa (eventualmente preceduta e seguita da altri esercizi di pietà), tempo libero per lo shopping turistico e la merenda; infine rientro a casa in tarda sera.

Ero bambino, ero ingenuo. “Andiamo lì, che lì la Madonna è tanto buona”, disse la vecchietta, mentre mia nonna assentiva. Restai a bocca aperta, pensando: perché? Qui è meno buona che lì?

“Andiamo lì, che la Madonna ci farà la grazia di...” Seguì elenco di richieste molto mondane. Perciò mi sentii autorizzato a domandare, come grazia, che i miei si convincessero a comprarmi un bel computer, o almeno un videogioco onorevole.

All'andata, in autobus, i più gareggiavano a chi ostentava il più esasperato devozionismo. Mi ero portato, nella sacca della merenda, un numero di Topolino, ma avevo il terrore di tirarlo fuori, temendo che una vecchietta formato “mamma di Hulk” venisse a strapparmelo dalle mani urlando (con faccione verde): “qui si pregaaa!”

Quando si iniziò il rosario, finalmente furono tutti impegnati, e così potei immergermi nella più gaudente e rilassata lettura di Topolino che si possa immaginare. Il microfono era stato agguantato dalla più agguerrita delle devozionaliste, che quindi inseriva in ogni anfratto preghiere, sottopreghiere, giaculatorie, supergiaculatorie, invocazioni, clausole e pie meditazioni personali. Queste ultime, in modo particolare, furono inflitte nonostante le occhiatacce di alcuni, già seccati per quel rosario detto a velocità di moviola (le persone normali lo recitano in 15-20 minuti, lì sembrava che dovesse durare per tutte le ore del viaggio).

Giunti a destinazione ci fu una fastidiosa serie di devozioni. Fu fastidiosa non per il loro contenuto (chi mai deprecherebbe una Via Crucis?) ma per le condizioni in cui furono svolte: sembravano proprio organizzate in modo da farcele odiare (questo è in fin dei conti uno dei frutti marci del cosiddetto “spirito del Concilio”: aver trasformato la pietas popolare in spettacolino condotto dai più facinorosi, sempre a caccia di un palcoscenico dove farsi notare e da cui infliggere una soffocante bigotteria a coloro che non hanno abbastanza forza di mandarli via).

Di quella via Crucis ricordo le “stazioni”, artisticamente orrende, costate un patrimonio (patrimonio fatto dei soldi dei fedeli). Ricordo di aver raramente visto rappresentazioni così brutte di Gesù. Pareva che l'artista odiasse dal profondo del cuore Nostro Signore.

Ci fu poi l'assalto ai confessionali. Ero piccolo ed ingenuo e perciò ebbi la malsana idea di cedere il mio posto nella fila alla signora Hulk, la vecchina che aveva inondato delle sue pie meditazioni l'interminabile rosario in autobus (ciò che mi aveva permesso di godermi quel numero di Topolino da cima a fondo). La vecchina si trattenne in confessionale per un tempo spropositato, forse un'ora, ed uscì da lì con un volto che tutto era fuorché quello sereno di chi si è liberato dei propri peccati.

Naturalmente fui costretto ad aspettare mia nonna e perciò giungemmo in santuario ad omelia già inoltrata.

Colmo della sfortuna, il predicatore quella sera era particolarmente loquace ed ogni volta che sembrava che stesse per trovare la via per finire, subito apriva un nuovo argomento. Ero piccolo ed ingenuo, e mi domandavo come mai ci fosse tanto bisogno di parlar tanto della pace nel mondo proprio a noi cristiani, che la pace la vogliamo sul serio. Era come predicare a degli interisti che il mondo è nerazzurro, e che il calcio è bello solo perché c'è l'Inter. Per di più pareva che accusasse noi, noi cristiani - me bambino e nonnetta vecchina - di non fare abbastanza per la Pace (e i cattivi signori che vendono armi a gente che le useranno contro i propri fratelli, allora? noi che possiamo farci?)

Dopo la predica riuscimmo a sederci ma... dovemmo di nuovo alzarci in piedi per il Credo, e dopo il credo caddi seduto dalla stanchezza e dai piedi che vedevano le stelle, e invece la nonna restò in piedi perché le Preghiere dei Fedeli vanno acclamate in tale postura. Essendo un'occasione particolare, ognuna delle vecchiette in fila per imporre la propria “preghiera dei fedeli” pensò bene di trasformarla in un supplemento di predica. Mi meravigliò di come il celebrante apprezzasse tutto questo diluvio di chiacchiere sconnesse, e mi sentivo in colpa per essere lì ad acclamare comodamente seduto.

Ma quel che più straziava il mio cuore era vedere quel bellissimo santuario, imbottito di arte in ogni centimetro quadrato, dar spazio a quelle trite banalità, a quel nauseante buonismo, a quell'autocelebrarsi degli autonominati protagonisti della liturgia.

Forse quello fu uno dei rari momenti della mia gioventù in cui stavo seriamente per perdere la fede. Ero piccolo ed ingenuo, ma già potevo pensare: se questa noia è “fede”, tanto vale star lontani dalla Chiesa.

Il paradosso - ciò che in quel caso mi salvò dal tirare una simile conclusione - fu in ciò che vidi dopo la Messa e soprattutto durante il ritorno in autobus. Le vecchine super-protagoniste persero la loro compostezza da militanti naziste e la loro soffocante “pietas alla moviola” per trasformarsi nell'esatto contrario. In autobus raccontarono al microfono barzellette un po' “sporche” o al limite del blasfemo. La cosa mi irritò tantissimo, avrei voluto gridare “e basta!”, ma ero ancora un bambino, piccolo ed ingenuo, e mi chiusi in me stesso pensando ancora al computer e al videogioco (non arriverà né l'uno né l'altro, ma almeno avevo pregato con sincerità).

Quello che doveva essere il colpo di grazia per la mia anima si risolse invece nel suo contrario.

In teoria avrei dovuto gridare a me stesso: se questa “noia” è “fede”, allora non ne voglio più sapere.

Invece -e fu questa la grazia che mi era stata concessa- fu come se avessi gridato: se quelle si comportano così, allora vuol dire che la “fede” non ce l'hanno! Tutta messinscena!

Il che è perfettamente ragionevole. Nel primo caso, si parte da un pregiudizio: pensando che quelle vecchiette conoscano davvero la fede, si finisce per giudicare la fede in base a ciò che loro fanno. Si confonde la fede col comportamento di determinate “fedeli”.

Nel secondo caso, invece, si parte da un criterio oggettivo: esistono tanti modi di vivere la fede, e quello delle vecchiette mostra incompatibilità con la fede stessa. Pertanto ad essere sbagliata non è la fede, ma il loro comportamento di “fedeli”.

Era bastato un solo indizio per capire tutto l'inganno.

Temo che altri -molti altri- siano invece caduti nel tranello, pensando che la “fede” sia quella che ostentano coloro che cercano di apparire cristiani.

Nota conclusiva. Molti anni dopo, trovandomi con altri ciellini in autobus per andare agli esercizi spirituali, mi accorgerò che la gente del movimento è più sana. Non avevo più con me Topolino, ma se lo avessi avuto non avrei avuto da temere nessuna “mamma dell'incredibile Hulk”. Qualcuno, sommessamente, recitava il rosario; qualcun altro chiacchierava; nessuno disturbava. Viaggi piacevoli con gente sana. E di fede. Il torto subìto da bambino veniva ampiamente ripagato.

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(11.12.09)

 Volucres pennatae



Ci sono gli ucciellacci (nome scientifico: volucres pennatae) e gli ucciellini (nome scientifico: volucres spennatae) e naturalmente io sono uno di questi ultimi.

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(8.12.09)

 Nun Run!

Kirstine, nel 2007, fece il “Nun-Run” con un nutrito gruppo di amiche.

Non saprei tradurre esattamente il termine “nun-run”. In USA indica generalmente “corsa delle suore” (suore che fanno una mini maratona a scopo benefico, se non addirittura gente che corre con un travestimento da suora), ma non è il suo caso.

Quel suo Nun Run (“suora-corri”?) consiste nel prendersi alcune settimane di vacanza per andare a far visita a diversi conventi e monasteri femminili (due o tre giorni in ognuno) per vedere di persona che tipo di vita fanno e farsi un'idea della vita religiosa. E magari anche indagare discretamente (proprio perché si è in gruppo piuttosto che da sole, si può comodamente domandare senza stare al centro dell'attenzione) se in uno di tali ordini religiosi ci si potrebbe passare la vita intera.

Così è stato per Kirstine, che nel suo nun run del 2007 visitò una casa di Passioniste di clausura nel Kentucky e nell'agosto 2009 è entrata da loro.



Commovente la storia della sua conversione (che ho tradotto qui).

Nel loro blog (delizioso, per chi sa leggere l'inglese) ci sono altre foto. All'ultimo nun-run, è andata via la luce e si è fatto un po' buio. Al che le suore hanno approfittato per scherzare con le giovani universitarie in visita: qui quando manca la corrente si bloccano automaticamente tutte le porte... non potete più uscire... dovete restare qui! suor Mary Veronica, suor Rose Marie e Kirstine vi cuciranno gli abiti da suora su misura! (poi, però, hanno partecipato “soltanto” ad un'ora di adorazione eucaristica).

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(6.12.09)

 Il potere delle immagini

Cosa sia il “potere delle immagini” l'ho capito molto tardi, a undici anni di età.

Fu poco prima di Natale. Un parente era venuto a farci visita. Nel congedarsi mi disse: “vuoi venire a sciare a gennaio?”

Oggi so che lo fece per captatio benevolentiae, una frase ipocrita buttata lì per farso bello agli occhi dei miei (ai quali, pochi minuti prima, aveva chiesto un grosso favore).

Quel suo domandare “vuoi venire a sciare?” era perciò come il pallone da calcio disegnato sulla confezione di patatine, che scalda il cuore e propizia l'acquisto. Poco importa che ci sia da vincere un pallone ogni venticinquemila confezioni vendute.

Non ero mai stato a sciare e diffidavo di quel parente, ma non bastò. Quando la parola sciare attraversò le mie orecchie (sortendo lo stesso effetto dell'Incompiuta di Schubert), restai a bocca aperta, immaginandomi lanciato in velocità in una distesa di neve sotto un limpido cielo azzurro.

Tornai alla realtà quando avvertii la chiusura della porta di casa. Certe parole, almeno la prima volta che le sentiamo, evocano immagini a cui non sappiamo sottrarci.

Per diversi giorni mi arrovellai sul non aver avuto la prontezza di rispondere sì a quella domanda, sperando di ricevere di nuovo quella proposta, sperando che si ricordasse, sperando, sperando, sperando... aggrappandomi a quelle immagini che rivedevo davanti ai miei occhi: neve, sci, nevicata, sciare, distesa di neve... (dunque non era uno sperare, ma era un sognare!)

Il sogno era tale da vincere la diffidenza: ero pronto a riconoscerlo come mio benefattore, nelle mie fantasie già elogiavo le sue qualità davanti ai parenti che lo detestavano anche più di me ricordando incidentalmente quanto era stato bello sciare con lui.

Continuavo a fantasticare di neve e di sci, nonostante i miei mi avessero più volte detto di smetterla di pensarci, perché lo zio promette per non mantenere, perché se fosse stata una proposta seria avrebbe almeno telefonato per assicurarsi che avevo l'attrezzatura da neve (se fossimo stati un po' più ricchi, certamente l'avrei comprata). Passavano i giorni, lo zio latitava, e le fantasie cominciavano a cedere il posto alla sensazione dell'essere stato buggerato.

Le fantasie terminarono col ritorno a scuola. Fui perfino costretto ad inventare una miserabile scusa per dire a qualche compagno di scuola che non ero potuto andare a sciare come gli avevo solennemente preannunciato prima di Natale.

C'era stata l'epoca in cui diffidavo di quel parente. C'era stata la breve pausa di una grandiosa aspettativa (un'immagine, un sogno qualificato erroneamente come speranza), aspettativa creata dalla sua ipocrisia e dalla sua leggerezza. E ci fu poi il periodo del disprezzo (nei primi tempi fu vero odio), che perdura ancora oggi.

Il potere delle immagini: un'immagine può cambiarti la vita (non nel senso buono che vorresti). Inseguire un'immagine, vivere in nome di un sogno, cioè seguire un'illusione, dedicarsi ad un'illusione, deificare un'illusione.

Sto parlando di immagini, di sogni: non di “progetti” (qui voglio chiamarli “progetti”), come quello di Cristoforo Colombo che parte alla volta dell'America sulla base di ragionamenti, certezze, esperienze, insegnamenti, congetture in qualche modo fondate.

Un “progetto” può riuscire o può fallire, ma un sogno fallisce sempre. Come diceva Cesare Pavese, c'è una sola cosa peggiore del non realizzare i propri desideri, ed è quella di riuscire a realizzarli.

Ciò che veramente si può definire speranza si può fondare solo su una certezza presente. Tutto il resto è solo sogno, cioè illusione.

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(4.12.09)