Certe volte mi sento come uno dei “primi cristiani”.
Ho qualcosa di grandioso (cioè un briciolo di fede) che perciò vorrei trasmettere a tutti, vorrei annunciare a tutti, comunicare a tutti... Ma vedo tutti così impegnati nell'incensare i propri idoli, che quando mi va bene vengo ignorato.
Mi sento come uno dei “primi cristiani” - debbo utilizzare le virgolette perché di questi tempi chi pronuncia quel termine quasi certamente sta cercando di venderti i suoi idoli.
Talvolta ho la fastidiosa impressione che il popolo cristiano si sia disciolto in un'infinità di rivoli, ognuno concentrato su un aspetto secondario del cristianesimo. In tempi di grazia sarebbero forse “carismi”; invece, di questi tempi bui, quasi sempre è inevitabile parlare di riduzione del cristianesimo ad un suo aspetto secondario. “Carisma” è quello di don Bosco, che alla sua morte aveva spiritualmente generato seimila sacerdoti (senza contare il resto dei frutti); “carisma” non è lo scegliere un aspetto -pur buono- del cristianesimo ed elevarlo a misura totale del cristianesimo stesso (quest'ultima è generalmente l'operazione di marketing che fa “nascere” certi movimenti e associazioni).
Rabbrividisco al pensare che c'è gente che pensa di trasmettere la fede con una qualche operazione di marketing religioso, come per esempio il puntare sullo slogan del “siamo tutti peccatori”, o sul “diamoci da fare”, o sul “cantiamo e preghiamo”, o addirittura il promuovere la recita del rosario in parrocchia. Tutte cose giustissime, per carità, e dettate anche dalle migliori intenzioni, ma... sotto sotto si cede troppo spesso alla tentazione di “marketizzare” (non c'è troppo da meravigliarsi, in questa società di compratori e venditori).
Ho visto con questi miei stessi occhi il passaggio da “pietà cristiana” a “marketing religioso” negli occhi di una persona che pomposamente si interrogava sull'ipotesi che la sua “opera” fosse veramente “voluta da Dio”. Sotto sotto, aveva preso possesso della propria “opera”, attribuendone il successo alla “volontà di Dio” e l'insuccesso ai “peccati degli uomini”. Non aveva più lo sguardo di chi pensa “nulla mi è dovuto” (bisogna essere una santa Teresa di Lisieux per avere il coraggio di pensarlo ogni giorno).
Mi sento come uno dei primi cristiani, ma seduto in modo un po' più scomodo. I primi cristiani dovevano fare i conti con dei pagani agguerritissimi che però non sapevano nulla del cristianesimo ed erano almeno un pochino vulnerabili al “non puoi giudicare ciò che ti rifiuti di conoscere”. I pagani di oggi, al contrario, pensano di sapere tutto del cristianesimo. Così a quella persona non potevo parlare di verginità sperando di essere capito, perché oggi tale termine - anche in vasti settori della Chiesa - viene associato alla mancanza di atti intesi alla procreazione. Non potevo neppure parlare di pretesa e di possesso (che sono il contrario della verginità, anche se pochi cristiani lo sanno), poiché ero impedito dal politically correct clericale: quante volte, in vita mia, mi son sentito obiettare che non ho titoli di studio per poter affermare certe cose! (mi è accaduto esclusivamente nel parlare di temi religiosi!) Come se ci volesse una laurea di matematica ad Harvard per poter dire che due per due fa quattro! Come se il detenere una pergamena comprovante l'aver studiato un certo numero di vaccate, permetta gratis e ad libitum di considerare vaccate tutto ciò che dicono gli altri (specialmente contro i “ciellini”).
“Verginità”, cioè nessuna pretesa, nessun “possesso” (va a finire che devo spiegare anche “possesso”). Magari il più intelligente, in parrocchia, mi obietterebbe che “parlo col solito gergo ciellino” - e per la centesima volta dovrei spiegare che le parole più importanti del lessico cristiano oggi sono fraintese dalla maggioranza dei cristiani stessi, incapaci o incapacitati a riconoscerne il significato. Un “effetto Chernobyl”.
Mille rivoli di cristianesimo: anche se non lo avessi già, mi verrebbe il sospetto che questo dramma è cominciato nell'area del linguaggio, nell'aver ridotto il lessico cristiano ad una Babele di significati, banalizzando le parole, sfumando le espressioni, giocando con i concetti e con le parole. I sacramenti una volta erano sette: ora tutto è sacramento di tutto (“la Chiesa è sacramento di unità”), tutto è icona di tutto (“la Chiesa è icona di unità”), tutto è fonte e culmine di tutto (“la Chiesa è fonte e culmine del cammino di unità”)... Certe volte vien voglia di salire all'ambone e di gridare al microfono: “questa è una cagata pazzesca!” alla Fantozzi, con tutte le conseguenze del caso (rogo di tutto ciò che è anche lontanamente ciellino ed obbligo di parlare in “ecclesialese” fino all'età pensionabile), tranne forse i 92 minuti di applausi a causa dell'insulto al politically correct parrocchiale...
Il lessico cristiano viene ridotto a un parolame noioso e ripetitivo, affidato ai mutevolissimi venti delle mode pagane (“opzione preferenziale per i poveri”, “scegliere i più poveri tra i poveri”, e così la povera gente - cioè i poveri senza virgolette - viene completamente ignorata); si gioca con le parole (“per una pastorale di unità nel contesto di una società che cambia”: cagata pazzesca!), si inventano le parole ((“kenotico”, “sinodalità”, “kerygmatico”: cagate pazzesche!) e ognuno insegue i suoi vocaboli preferiti (“noi abbiamo la spiritualità del dialogo”: un'altra cagata pazzesca! che significa? che invece di pregare, chiacchierate tra di voi? che significa? che voi siete gli unici capaci di dialogare?) e via cianciando... Una cosa che mi faceva imbestialire (da tempo ci ho fatto il callo) era il sentirmi chiedere “ah, Comunione e Liberazione? e quale è il vostro specifico carisma?” e il dover resistere alla tentazione di dare una risposta senza nominare volgarmente certi attributi maschili.
Mi sento come uno dei primi cristiani ma sono circondato da sedicenti cristiani che hanno massacrato il vocabolario cristiano. Non hanno solo banalizzato: hanno anche censurato. Per esempio, la gente che mi ritrovo accanto in parrocchia non ha mai parlato della Risurrezione. Certi catechisti riescono a trattare i miracoli di Gesù con la stessa indifferenza con cui si scambiano aneddoti e gossip di attori del cinema (anzi, per questi ultimi si esaltano: “sai, tizia ora sta con tizio”). Dopotutto, quando “Gesù” diventa un discorso, cosa c'è mai da aspettarsi? Quando alle parole “incontrare Cristo” seguono “nel tuo cuore” pronunciate con sguardo perso verso il più insignificante degli angoli della sala, cosa c'è mai da aspettarsi?
Il nuovo paganesimo, insomma, è quello dei cristiani rincitrulliti. In una ipotetica scena alla Nanni Moretti, se qualcuno dicesse “dai, fa' qualcosa di cristiano”, isserebbero la bandiera del WWF.
Per questo mi accade spesso, anche al termine della stessa messa domenicale, di riflettere e di sentirmi come uno dei primi cristiani... solo un po' più scomodo.
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