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(24.06.10)

 Caro ciellino ti scrivo...

Caro Ciellino,

innanzitutto i miei più vivi complimenti per il tuo blog. Interessante, intelligente, ben scritto. L'ho visitato per la prima volta mesi fa, stavo cercando in rete informazioni sul movimento.

Ho sempre sentito parlare di CL con ostilità, ma è proprio ciò che ha suscitato in me un estremo interesse. Penso che l'accanirsi da parte di una pluralità di individui contro un comune nemico celi una profonda insoddisfazione di se stessi. Nella maggior parte dei casi si odia qualcosa perché l'oggetto del nostro odio possiede qualità tali da ricordarci quanto siamo imperfetti, poiché in noi quelle qualità mancano. Questa regola è applicabile anche al caso di CL: è criticata da chi, consapevolmente o meno, ne riconosce il valore. Poi c'è una buona fetta di soggetti (i peggiori a mio avviso) che parla male di CL solo perché ne ha a sua volta sentito parlar male. Ignoranza mista ad arroganza...

Fatto sta che tutte queste voci, leggende e stranezze su CL hanno mosso in me una certa curiosità.

Non ho mai conosciuto di persona un ciellino. Ti sembrerà strano, ma è così. Abito in un paesino sperduto e non ho studiato a Milano. Nella mia facoltà non c'erano ciellini, o meglio, nessuno ha mai dichiarato di esserlo. I miei amici guardano ai ciellini con un disprezzo troppo marcato e infantile per essere giustificato. Ma loro non sono nemmeno cattolici... e una volta non lo ero neppure io.

Non so se ti possa interessare la mia storia. Per farla breve, la dinamica è la più consueta: con la Cresima si chiude il capitolo religioso della propria vita, basta messa, basta catechismo, basta preghiere. Si pensa di poter camminare con le proprie gambe, di non avere più bisogno di un Padre. Infine, una volta provato tutto ciò che la vita terrena ha da offrire, ci si accorge di essere stati imbrogliati, ci si guarda dentro e non si vede altro che marciume. A quel punto le strade sono due: o, capendo di avere sbagliato tutto e sentendosi profondamente infelici, si decide di farla finita, o ci si aggrappa a quella roccia che, mentre noi ci lasciavamo trascinare ovunque da ogni corrente, è sempre stata lì fissa in mezzo al mare. Io ho avuto la grazia di optare per la seconda alternativa.

Spero di non averti annoiato o infastidito, il fatto è che negli ambienti in cui mi trovo è raro incontrare qualcuno che capisca il mio punto di vista. Per darti un'idea, la vita che conduco ora è considerata inconcepibile dalla quasi totalità delle persone con cui ho a che fare: è inconcepibile svegliarsi la domenica mattina per andare a messa, ancora più inconcepibile andare a messa quando si è in vacanza; la Bibbia e tutte le letture a carattere religioso sono reputate sterili, puerili o, comunque, tediose; per non parlare dell'abitudine di pregare, vista come pura follia. E questi sono solo alcuni tra gli innumerevoli esempi che potrei fare. Non dimentico, comunque, che la mia concezione dell'esistenza era in passato molto simile a quella di coloro che oggi critico, ma ora mi sento spesso come l'unica persona vedente circondata da ciechi. Mi sento come quel cieco a cui Gesù ha ridato la vista.

Ti chiederai cosa mi abbia spinto a scriverti... avevo bisogno di comunicare con qualcuno che comprendesse la lingua che parlo, intorno a me vedo solo stranieri che non capiscono ciò che dico e ogni tanto si nutre il desiderio di sentirsi a casa. La consapevolezza di scrivere a qualcuno che mi possa capire mi fa realmente sentire a casa e per questo ti ringrazio.

Sapere che esiste un movimento come CL rende viva in me la speranza: è commuovente scoprire che ci sono persone a cui non interessa soltanto la settimana a Sharm, il ponte dell'Immacolata (non per l'Immacolata, ma per il ponte) e via dicendo.

Ora non mi resta che scusarmi per il tempo che ti ho rubato e ringraziarti per avere letto tutta la mia lettera.Con amicizia e stima, ***



Caro Ciellino,

il luogo di lavoro è uno degli ambienti in cui effettivamente emergono gran parte delle divergenze in ambito religioso. È inevitabile domandarsi come sia possibile che a certe persone tanto istruite e preparate manchi quella chiave di volta che è la fede. Si suppone infatti che un individuo dotato di una certa intelligenza, prima o poi nella propria vita giunga a porsi i grandi quesiti dell'esistenza (chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo) senza accontentarsi di rispondersi banalmente che siamo frutto del caso. D'altra parte è altrettanto stupefacente (e incoraggiante) come persone più anziane, che avranno a dir tanto la quinta elementare, si ritrovino ogni giorno per recitare il Santo Rosario con un tale fervore che ha qualcosa di realmente divino (“...hai nascosto queste cose hai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”).

Giusto per rimanere in tema vorrei raccontarti un simpatico aneddoto. Un giorno a pranzo si parlava del bambino di uno dei presenti che dovrà prossimamente fare la prima Comunione. Il genitore sconvolto e con visibile preoccupazione descrive l'entusiasmo per quell'evento da parte del bambino che aveva dichiarato di essere estremamente emozionato all'idea di ricevere il corpo di Gesù. Nella tavolata si diffonde subito la più goliardica ilarità con commenti del tipo: “Attento che prima o poi gli viene una crisi mistica!”. Io personalmente non ho potuto fare a meno di esternare la mia gioia per come un bambino di soli otto anni si accosti con tanta serietà (come è giusto che sia) a questo sacramento. Mi limitai a dire: “Dovresti essere fiero di avere un figlio così sensibile”. È un peccato che questo genitore non si renda conto della propria fortuna e che addirittura consideri la fede di suo figlio come una sorta di anomalia.

Perché è questo il problema di questi tempi. Ormai è lecito che un uomo diventi donna, che un uomo metta su famiglia con un altro uomo e altre simili bestialità, ma la cristianità, per non parlare della stima verso il Papa... no, quelli sono ottimi motivi per cui essere ghettizzati. Ora funziona così. A quanto pare il principio del politically correct è applicabile a tutti, fuorché ai cattolici.

Continuo ad affidare queste mie riflessioni alla Madonna e ciò mi dà un grande conforto perché lei saprà cosa farne. La fede implica la fiducia e quindi un abbandono totale che ci libera dai nostri tormenti.

Penso spesso che una maggiore conoscenza degli studi sulla Sindone possano smuovere qualche cuore troppo indurito. La Sindone è forse la testimonianza più autorevole del fatto che la Resurrezione non sia il lieto fine di una fiaba antica, ma un evento che ha effettivamente avuto luogo: “è più probabile il fatto che esca lo stesso numero al gioco della roulette per 52 volte consecutive, piuttosto che la Sindone non sia il lenzuolo funebre di Gesù di Nazareth”. Se non l'hai già letto, ti consiglio assolutamente “Indagine su Gesù” di Antonio Socci. Non solo per l'ultimo capitolo che tratta appunto splendidamente questo tema (e che sarebbe particolarmente indicato per gli atei convinti e i San Tommaso di turno), ma anche perché offre un'idea più concreta di chi fosse veramente quella figura tanto affascinante che ha lasciato un marchio indelebile nella storia e nelle nostre vite.

Un caro saluto e grazie, ***

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(30.11.09)

 Guardatevi bene dai catto-neo/teo-con

X è il sottoscritto “ciellino”.

Y è un kattoliko con la kappa, sempre con Il Giornale in bella vista, esperto di tutti i crimini del comunismo (in particolare Stalin e il PD), difensore della Destra (qualunque cosa ciò significhi), fustigatore dei cattolici sedicenti “adulti” (cioè cattocomunisti e affini) ma derisore dell'Estrema Destra (qualunque cosa ciò significhi), feroce avversario del comunislam (qualunque cosa sia vagamente associabile a quel termine) e del nazislamofascismo (qualunque cosa sia vagamente associabile a quel termine) e via “destreggiandosi”.

X: ...vengono affamati, rapinati, massacrati, bombardati con bombe al fosforo...
Y: ...ricordati che sono islamici... ricordati del loro modo di vedere le cose...
X: ...e questa è una “ragione”? Caro il mio stalinista...
Y: ...ah! Stalinista a me?
X: ...caro il mio stalinista, l'annientare una categoria di persone...
Y: ...stalinista a me? sei diventato cattocomunista?!
X: ...l'annientare un popolo solo per il suo “modo di vedere le cose” è esattamente l'opera di Stalin...
Y: lancia insulti irriferibili

Cristianisti, cioè quelli che riducono il cristianesimo a dei “contenuti” (culturali, morali, ecc.) da impugnare contro gli altri.

Pensano che l'affermazione del cristianesimo consista nella mera negazione di ciò che certi media indicano come l'anticristianesimo.

Una riduzione del cristianesimo, appunto. Riduzione ad un anti-qualcosa, appunto. Cristianisti, appunto.

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(26.11.09)

 Voler bene ai figli

«Non è mica così che si vuol bene. Guarda, il modo vero di voler bene è che, proprio quando questa tenerezza è intensa, vera e trascinante, umanamente trascinante, dovresti fare un passo indietro, guardarli e dire: “Che ne sarà di loro?”, perché, voler bene è capire che hanno un destino, che non sono tuoi, (sono tuoi e non sono tuoi), che hanno un destino e che è proprio guardando la drammaticità che il destino impone… che tu li rispetterai, gli vorrai bene, sarai disposto a fare tutto per loro, non ti farai ricattare dal fatto che ti obbediranno o no».

(don Giussani ad Enzo Piccinini)

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(23.11.09)

 Castità apparente

La tensione verso la virtù è pietra di scandalo per chiunque abbia un po' di farisaica ipocrisia nelle vene.

“Prostitute e peccatori vi precederanno nel Regno dei Cieli”: non tutti, certo, e non già per i loro peccati, ma per la loro capacità di rialzarsi.

Quel versetto sembra suggerire che non è importante quanto si pecca, non è importante quanto frequentemente si pecca, ma è importante la capacità di rialzarsi sempre da qualunque caduta (al punto che vi possono riuscire perfino alcuni elementi di quelle due rinomate categorie).

I farisei misurano i peccati, il Buon Ladrone osa chiedere. I farisei quantificano, giudicano, precisano, magari anche onestamente, anche teologicamente, anche puntigliosamente, e il Buon Ladrone invece osa domandare. Era al posto sbagliato (in croce) nel momento sbagliato (quando Gesù stesso è in croce) e, importuno, osa domandare.

Il Buon Ladrone è in paradiso, è il primo santo canonizzato da Nostro Signore in persona. I farisei stanno ancora contando i loro peccati, e mugugnando, e rimuginando pensosi e corrucciati, convinti che una scientificamente elaborata autoanalisi significhi automaticamente conversione del cuore (hanno sostituito l'esame di coscienza con l'autoanalisi, in modo da superare sempre l'esame).

Mi vengono queste riflessioni perché ho colto (sia pure con un iniziale certo fastidio: in fondo ho anch'io un po' di inquinamento fariseo dentro) qualcosa che non tornava nei miei conti. Una persona che lavora con me, di cui in qualche modo avverto la virtù (non una virtù in particolare, ma una tensione, un modo di essere, una forza: una virtù, appunto), mentre dal profondo del cuore non riesco a fare a meno di chiudere un occhio sulla sua non-virtù.

È come se mi trovassi davanti a qualcuno della stessa pasta del Buon Ladrone. Cioè qualcuno con un dramma dentro e una letizia negli occhi, qualcuno che pur di domandare “ricordati di me quando sarai nel Tuo Regno” mette da parte la lista dei propri peccati, trascura di scandalizzarsi di sé, tralascia di misurare col calibro elettronico i suoi peccatucci e peccatoni, perché quelle cose gli toglierebbero tempo prezioso per osare quella domanda.

Mi vien da pensare che i veri santi siano dei “disperati”, nel senso di pistoleri “disperati” da film spaghetti-western, cioè pronti a tutto, disposti ad ogni sacrificio, sapendo di trovar soddisfazione anche per una sola misera buona cosa. Gente che anela talmente da non aver troppo tempo per mugugnare e rimuginare pensosamente sui propri peccati.

Mendicare Cristo non è arte per gli imborghesiti, ma per quei “disperati”, sempre in tensione, sempre assetati, pronti a domandare a Chi può davvero rispondere, che non hanno tempo di star piegati su sé stessi a filosofeggiare sui propri peccati.

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(9.11.09)

 Appunti sull'ultimo film della San Carlo

Appunto qui alcuni motivi per cui il film Taipei - L'ultimo ponte andrebbe mostrato al mio parroco.

Sacerdoti che invitano giovani a prendere sul serio la propria vita, il proprio futuro. “Se il Signore ti chiama, sarà lui ad aiutarti”: detto da uno che ha già sperimentato questa cosa, non è una predica ma una sfida. Sacerdoti innanzitutto uomini, capaci di commuoversi più per le persone che incontrano - per la loro fede, per la loro storia - che per il risultato delle partite di calcio.

Fa un certo effetto vedere dei taiwanesi fare il segno della croce, mentre in parrocchia pare quasi un gesto per cacciar via le mosche. Fa un certo effetto sentirli capire che la fede non è cimentarsi pensosamente nella lettura della Bibbia tentando di cavarne le leggi da imparare a memoria, perché “la fede è quello che abbiamo imparato insieme”.

Quanti cristiani ci sono voluti perché nascesse Agostino? Perché nascesse Dante? Quei cristiani a Taiwan sono come un primo seme. Una vita intera a riflettere su quella possibilità: “se c'è un posto dove bisogna andare a far conoscere Cristo, è la Cina, perché quelli sono come noi, stanno aspettando la stessa cosa che conosciamo noi, ma nessuno glielo dice” (poi, invece che Cina, è stata Taiwan, ma queste sono quisquilie: quel popolo attende Cristo da seimila anni). Fino a riscoprirsi commossi nel fare la Comunione, perché finalmente qualcuno “glielo ha detto”, cioè glielo ha mostrato di persona, con la propria vita.

Interrogano i ragazzi della scuola “sulle grosse domande che interpellano sempre anche noi”. Cioè non sono andati a vendere un prodotto, non sono andati a riversare addosso ai taiwanesi qualche sterile fiume di parole, poiché quelle stesse domande “interpellano anche noi”.

E quella esperienza si propaga. Come quel giovane che testimoniando la sua fede non ripete un discorso, ma parla di cose “sue”, di cose che sta vivendo. Ed il don Paolo che avverte la “paternità”, perché quel suo “figlio” non è banalmente un suo “clone” ma è uno “generato alla fede”.

Il resto delle scene non le commento, perché sono tantissime le impressioni, talvolta in pochi fotogrammi (come qualche passante incuriosito da ciò che avviene nel cortile del “salone del Signore del Cielo”, come quella foto del giovane sacerdote col suo rettore e con i genitori, come i taiwanesi in ginocchio per il ringraziamento alla Comunione, come quella caffettiera espresso perché lì sono arrivati degli uomini con una storia, una vita...)

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(3.11.09)

 Gli aerei cadono. Dunque...

Sì, ma mi riferisco a quei casi in cui si abusa del concetto di “prevenire è meglio che curare”.

È un concetto adatto a certe situazioni (non puoi conservare un barilotto di polvere da sparo accanto al fornello della cucina; anzi, non ti conviene conservarlo in casa, neppure se in tutta la famiglia non c'è nemmeno un fumatore). Ma non è adatto in altre.

Con la scusa del prevenire si finisce spesso nei sillogismi degli ossessionati: “vuoi prendere l'aereo? Ma gli aerei cadono. Dunque...” Sottinteso: a Lisbona ci puoi andare, ma solo in bici.

“Ma gli aerei cadono?” Sì, non hai sentito la notizia al telegiornale? (non c'è settimana in cui non ci sia una notizia di aereo caduto; poco importa che come sicurezza sia secondo solo al treno).

Questo avviene dappertutto - non solo con gli aerei, ma con tantissime cose (l'esempio dell'aereo è il più facile da illustrare). Ed avviene specialmente sul posto di lavoro.

Le persone più intelligenti “prevengono” quella ossessiva “prevenzione” tacendo e sfumando, fino al limite dell'ipocrisia. Non hanno altra scelta, se si trovano a dover ubbidire ad uno più ignorante e stupido di loro che è giunto al posto di comando per tantissimi motivi tranne i meriti e le capacità.

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(1.11.09)