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(24.06.10)

 Ciellini a morte! Contrastare CL in università!

Con mio sommamente sadico divertimento, vedo che buona parte delle poche visite a queste mie stanche pagine viene da gente che ce l'ha a morte con Comunione e Liberazione.

Un sociologo se ne stupirebbe: come mai un movimento a carattere educativo, assolutamente non violento e attaccato al Papa, ispira reazioni violente?

Le ricerche dei frustrati di cui nel titolo di questa pagina (“ciellini a morte”, “contrastare CL in università”, “eliminare ciellini”, “distruggere CL”, etc) dimostrano che al “carattere educativo”, alla dottrina cattolica, al “carisma di don Giussani”, sanno rispondere solo così, contrastando con la forza, anche se solo col cercare pagine anti-cielline nell'internet in tarda serata. Evidentemente non hanno altri argomenti.

Certo che noialtri ciellini oggi ce la passiamo bene.

Negli anni settanta volavano pallottole calibro nove (ciellini gambizzati dalle Brigate Rosse in quanto “esponenti di spicco” di Comunione e Liberazione), volavano bombe molotov (la sede della Jaca Book distrutta da assalti incendiari, solo perché oltre a tradurre Kim Jong-Il pubblicava anche testi di don Giussani), era ordinaria amministrazione vedersi pestati a sangue e poi vedersi anche insultati sul giornale (il Messaggero intitolava la notizia: “Pestati studenti integralisti di Comunione e Liberazione”), per non parlare delle campagne stampa diffamatorie (“Un miliardo di lire dalla CIA a CL”: e poi si scopre che era una notizia inventata di sana pianta).

E tutto questo senza che CL abbia mai usato minacce o toni violenti nei confronti di nessuno.

Dopotutto, se CL non ti piace, non sei mica costretto a frequentarla.

Non sei mica costretto a diventare ciellino solo perché la rete di amicizie dei ciellini riesce a costruire molto più e molto meglio del branco selvaggio del tuo centro sociale (aggiungiamo pure che i ciellini si lavano).

Prima avete voluto la democrazia e poi vi stupite che i ciellini sanno mobilitare maggioranze qua e là.

E poi, miseriaccia, quanto ti manca alla laurea? Non dovrai mica sopportare i ciellini dell'università per una vita intera! (del resto si laureano più velocemente di voialtri, che in sala di lettura sapete solo fumare e giocare a carte).

Certo, però, che nei tuoi panni, quasi quasi mi sentirei una merda anch'io.

Hai perso la testa per una ciellina - tanto era bello quel sorriso, che ti viene il batticuore solo a ripensarci.

E la ciellina, più del sorriso, non ti dà.

E allora scarichi la rabbia e la frustrazione nella lotta politica - o almeno, quella che tu pensi che sia tale: la lotta politica dovrebbe cominciare da argomenti ragionevoli e da azioni utili a tutti, non dalla martellante e paranoica denigrazione dell'avversario, come se fosse una gara a chi insulta di più.

Ma no, tu sei furbo, tu sì che sei furbo: tu ti accanisci contro i ciellini per poter dire almeno a te stesso - come la volpe e l'uva - che la ciellina no, non te la fili proprio, proprio perché ciellina, proprio perché tu stesso hai definito che “ciellino” significa obbrobrio, vergogna, feccia, schifo. Anche se il solo ricordo di quel sorriso ti scioglie il cuore.

Povero idiota.

A questo punto posso svelarti qualche trucchetto per contrastare i ciellini all'università.

Primo: dovete battere i ciellini in moralità, facendoli passare per sboccati, maiali, infami. Ma senza passare per quelli che criticano gli altri. Dovete cioè dare voi l'esempio, aspettando che gli altri capiscano, senza forzare né suggerire il loro giudizio. Per esempio, cominciate con l'eliminare il turpiloquio, anche quello indiretto, anche quello vagamente allusivo. Lasciate che siano solo i ciellini a chiamarvi “testina”; evitate di pronunciare perfino parolacce come “cacca”. Siate più accoglienti di loro nell'accettare le ingiurie, in modo che si veda che sono più feroci di voi. Con un po' di fatica, esercitatevi a parlare bene dei ciellini: così questa strategia sarà ancora più efficace. Dovete batterli in moralità a tutti i costi ma non dovete farvi intrappolare nel moralismo: dovete essere migliori di loro senza giudicarli, senza confrontarvi a loro, aspettando che la gente si accorga di voi e giudichi da sé. Il risultato è inossidabile se, azzardando, tentate perfino di difenderli. Come le seguenti strategie, anche questa funziona solo se è applicata da “tutto” il gruppo, tutta la rete di amicizie che volete contrapporre a CL; nel caso ci sia un solo bastian contrario, il risultato rischia seriamente di andare a farsi friggere. Lo scopo, come già detto, è mostrare al mondo che si può essere più amici e più affidabili e più morali dei ciellini, senza essere ciellini. Se applicata bene, questa strategia provocherà un'inarrestabile emorragia di ciellini verso di voi, e CL si estinguerà nel silenzio, e finirà - con vostra somma soddisfazione - che l'ultimo volantino ciellino lo scriverà l'ultimo mohicano ciellino, per leggerselo da solo e gridare, nel corridoio vuoto, di essere d'accordo con sé stesso (ciò che sta capitando a te da un po' di anni a questa parte). Già questo primo consiglio è, di suo, un metodo infallibile. Ma il secondo è ancora più potente.

Secondo: realizzate “opere” migliori di quelle cielline. Avete già visto che i ciellini, con pochi mezzi, ne sanno combinare di tutti i colori. Da una raccolta firme ad un centro di orientamento per matricole, da un volantino con un giudizio sui più clamorosi fatti di cronaca a un Meeting di portata internazionale. Cominciate con qualcosa di semplice, che sia talmente ben fatto che la gente possa dire “i ciellini stavolta non hanno saputo far meglio di loro”. Poi, a poco a poco, espandetevi. Lasciate stare le manifestazioni di protesta, i sit-in di protesta, gli scioperi di protesta: sono come la carta dei giornali quotidiani, che fa una gran fiammata subito, e un attimo dopo non brucia più. Dovete piuttosto essere come le travi di legno che reggono il tetto delle case di montagna, che una volta andate a fuoco bruciano per ore intere continuando a reggere il tetto. Già questi primi due consigli dovrebbero essere più che sufficienti e infallibili, ma c'è un terzo consiglio che vi posso dare, ancora più potente.

Terzo: allestire, col tempo, una rete di amici migliore di quella ciellina. I ciellini sono amicissimi tra loro: ebbene, li dovete superare in affidabilità e fiducia, li dovete superare in sincerità e buonsenso. La gente è attratta dai ciellini, ma se vi vede più affidabili e seri, correrà da voi e li pianterà. Coraggio, coraggio! Ma anche se ti ho già dato tre ottimi consigli, voglio assicurartene un quarto, assolutamente fenomenale, che mina veramente alla base dell'essere ciellino.

Quarto: trovate un'alternativa ragionevole a Cristo. I ciellini parlano di Cristo, e perciò fanno discorsi religiosi e infilano in ogni questione una citazione di Giussani, che ci azzecca sempre. E allora voi trovate qualcosa che sia più attraente di Cristo; state attenti però a non prendere un personaggio alla moda, perché le mode passano rapidamente: i vostri colleghi universitari di trent'anni fa smaniavano per Marx, Mao, Lenin e compagnia cantante, mentre oggi non se li filerebbe più nessuno. Diamine, aggiornatevi! Il nemico ciellino va battuto sul suo stesso terreno! (e senza neppure nominare Cristo, altrimenti darete l'impressione di avere un complesso di inferiorità). Non basta dirlo, non basta presumerlo: dovete dimostrare che Cristo non serve a niente, che si può vivere più felici senza Cristo. Se ci riuscite, in un batter d'occhio CL si eclisserà, e per soprammercato anche tutto il resto della Chiesa cattolica. Coraggio! Forza!

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(27.11.07)

 Marian (Sisters of Mercy)

Non ho idea di quante band di depressi e dark ci siano state negli anni ottanta. Sono affezionato a qualche pezzo dei Sisters of Mercy (letteralmente “le suore della misericordia”, al più “le sorelle della pietà”) anche se hanno prodotto alquanto poco, tra l'85 e il '93, e oggi sono solo un pio ricordino di alcuni tedeschi e polacchi.

Nel loro primo album First and Last and Always (certamente tra i loro migliori prodotti di tutta la carriera), del 1985, c'è questa interessante Marian (version)”, in inglese e tedesco:

In a sea of faces,
in a sea of doubt,
in this cruel place your voice above the maelstrom,
in the wake of this ship of fools I'm falling further down,
if you can see me, Marian, reach out and take me home...

I hear you calling Marian,
across the water,
across the wave...
I hear you calling Marian,
can you hear me calling you to
save me, save me, save me from the grave?
Marian

Marian, there's a weight above me
And the pressure is all too strong
To breathe deep, breathe long and hard
To take the water down and go to sleep.
To sink still further
beneath the fatal wave.
Marian I think I'm drowning
This sea is killing me...

I hear you calling Marian,
across the water,
across the wave...
I hear you calling Marian,
can you hear me calling you to
save me, save me, save me from the grave?
Marian

Was ich kann und was ich konnte
Weiss ich gar nicht mehr
Gib mir wieder etwas schönes
Zieh mich aus dem meerIch höre dich rufen Marian
Kannst du mich schreien hören
Ich bin hier allein
Ich höre dich rufen Marian
Ohne deine hilfe verliere Ich mich in diesem ort.

I hear you calling Marian,
across the water,
across the wave...
I hear you calling Marian,
can you hear me calling you to
save me, save me, save me from the grave?
Marian
Marian
Marian
Marian
iii-Marian
Marian
iii-Marian
Marian
iii-Marian
Marian...


Certamente quell'I hear you calling va inteso come “vorrei tanto che tu mi stia chiamando”. La Marian della situazione, manco a dirlo, è una remota effigie della Madonna, checché abbiano originariamente voluto intendere gli autori e gli interpreti di questa canzone (come già detto, se un artista riesce ad esprimere qualcosa di grande, non è detto che ci sia riuscito volontariamente e accorgendosene).

In sintesi: questo mare mi sta uccidendo, sto affogando, la pressione è troppo forte, sto per lasciarmi andare (quello sleep, “dormire”, è un modo elegante per intendere la morte). Marian, sento che mi stai chiamando, attraverso l'acqua, attraverso le onde, mi senti? Ti sto chiamando, ti sto chiedendo di salvarmi dalla tomba.

E in tedesco: dammi di nuovo qualcosa di bello, tirami fuori dal mare, senza il tuo aiuto io sono perduto, in questo posto.

Senza mezzi termini, questo pare l'inno di uno che la fede non ce l'ha più, che la fede cattolica l'ha abbandonata fin da bambino. E da adulto, a distanza di tanti decenni, ne prova nostalgia.

Nella grandiosa cupezza espressa dalle canzoni dei Sisters of Mercy, il simbolo del “mare” (la vuotezza di questa vita, il limite, il male, il peccato, l'inferno) emerge sempre, ed emerge talvolta (come qui) in compagnia del flebile grido di chi ancora ha un pizzico di cervello: save me from the grave, sàlvami dalla tomba, sàlvami dalla dannazione eterna.

Esatto: come di uno che non sta lì a far tante discettazioni teologiche e tanta spiritualità; si affida alla Madonna per ottenere la salvezza.

Certo, per come sono cantate quelle parole, possono anche sembrare sentimentalismo, sembrare cioè un grido che vuole apparire “artistico”, che non necessariamente suggerisce un barlume di desiderio di vita in fondo all'anima. Ma... gib mir wieder etwas schönes: dammi “di nuovo”...

Da bambino, il protagonista della canzone, ha assaporato la recita di un'Ave Maria, e la vuole di nuovo, wieder, vuole di nuovo quel qualcosa che sa che esiste ma non sa più come procurarselo (la fede uno non se la “dà”, non se la “spreme” dal cervello e dal cuore; la fede è riconoscere una Presenza, e questo riconoscere, questo accorgersi, non è uno sforzo di volontà, può essere solo un dono che si riceve).

In questo “posto crudele”, in cui il mare ti avvolge e ti “affoga”, hai ancora un po' di fiato per almeno chiedere tristemente che Marian ti tiri fuori.

E se sei davvero ridotto così come dichiari nella canzone, allora quella Marian non può banalmente consistere in una donna da amare, tanto meno una donna virtuale ancorché perfetta: deve necessariamente essere una persona reale, superiore ad ogni speranza umana, e contemporaneamente vicina alla tua umanità.

Perciò, questa canzone Marian è classificabile tra gli inni alla Beata Vergine cantati da coloro che non sanno più chi Lei sia.

Ohne deine hilfe verliere Ich mich in diesem ort: senza il tuo aiuto sono perduto. Sembra quasi evocare la preghiera del Memorare.

Il guaio è che “se non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli”: ed oggi sei adulto, sei pieno di te, sei poco desideroso di “diventare come bambini”, ed è per questo che riesci appena a ricordare di quegli attimi in cui da bambino recitavi con fiducia l'Ave Maria mentre oggi continui a precluderti volontariamente ogni possibilità.

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(22.11.07)

 Frutti buoni e cattivi del Concilio Vaticano II

Da un articolo di Eugenio Corti del 1976:
...Quali sono quei “frutti”? In cosa c'è oggi autentico regresso rispetto a dieci anni fa? Elencherei per sommi capi come segue: i cattolici allora erano uniti, mentre adesso sono divisi; allora avevano le idee chiare, e oggi le hanno confuse; la pratica religiosa si è rarefatta nei giovani, mentre negli anziani c'è intiepidimento (si è assistito qui a fenomeni per niente comici, come la corsa delle nubili di mezza età a rifarsi delle mancate esperienze sessuali: possiamo forse meravigliarcene, col permissivismo «purché ci sia l'amore» che è subentrato in questo campo?) Ma proseguiamo nella sgradevole elencazione: dopo l'abbandono dello stato sacerdotale da parte di molti sacerdoti, si assiste a un grave calo nelle vocazioni. (M'ha impressionato al riguardo una citazione del defunto vescovo di Ragusa mons. Pennisi: «La mancanza attuale delle vocazioni è, tra tanti pericoli, quello mortale per la Chiesa, ed è insieme il castigo più tremendo di Dio».)
E che dire dell'oggettivo stato di dissoluzione (comunque lo si chiami) di organizzazioni cattoliche fino a dieci anni fa fiorenti, come l'Azione Cattolica, la FUCI, le ACLI, ecc? E del pazzesco fenomeno di autoliquidazione di tanta parte della cultura cattolica, per cui le nostre università invece di dare il loro contributo in un'epoca difficile come l'attuale, sono in pratica come inesistenti? E ancora: si avevano ogni anno nel mondo anglosassone alcune centinaia dì migliaia di conversioni al cattolicesimo, che oggi non si verificano più. Tra i popoli del terzo mondo l'azione dei nostri missionari continua grazie al Cielo a dare i suoi frutti: vediamo però che i missionari, mentre si affaticano sulla messe, sono di continuo costretti a difendersi alle spalle, mediante le loro modeste riviste, dagli attacchi di chi vorrebbe in nome del Vangelo (!) intralciare il loro lavoro...


Nel 1968 dei giovani universitari provenienti dalla Gioventù Studentesca di don Giussani pubblicarono un volantino intitolato “Comunione e Liberazione”.

Il termine piacque al don Giussani, e anche i nemici del movimento vi si adeguarono subito, etichettando spregiativamente “quelli di Comunione e Liberazione” questi giovani che invece di massificarsi nelle mode marxiste e sessantottarde, organizzavano gite, promuovevano incontri pubblici, si interessavano di cultura, pregavano, obbedivano alle gerarchie ecclesiastiche, frequentavano i sacramenti.

Secondo quanto appreso da don Giussani, la “liberazione”, parolone comunista che a quei tempi indicava confusamente la piena realizzazione dell'uomo, poteva avvenire solo in una “comunione”, intesa in senso cristiano (anche il riferimento ai sacramenti non sarà stato casuale).

Lo sbando terminerà proprio nel 1975-'76, quando il movimento si consoliderà nella forma che è andata avanti fino ad oggi.

Le “fiorenti” organizzazioni cattoliche si ridurranno da un giorno all'altro all'ombra di sé stesse.

Pochi (e piccoli) ambienti sembreranno immuni dal nefasto influsso sessantottardo (spacciato per “postconciliare”).

Uno di questi ambienti è CL: la pratica religiosa dei suoi giovani non è “rarefatta”, i suoi anziani non sono “intiepiditi”, le sue vocazioni non sono decimate, hanno idee chiare e baldanza da vendere.

Papa Paolo VI lo riconobbe, e disse a don Giussani: non capisco i vostri metodi ma vedo i risultati, perciò continuate così, andate avanti.

E perciò siamo andati avanti.

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(1.11.07)