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(24.06.10)

 Protestanti travestiti da cattolici

Uno dei più grossi problemi della Chiesa da mezzo millennio a questa parte è costituito dal sostituire le cose serie della fede con bocconcini di religiosità alla moda.

Una donna di buon cuore che ho conosciuto qualche tempo fa mi ha aggiunto alla sua mailing-list in cui diffonde notizie ed insegnamenti di uno sconosciutissimo religioso d'oltremare, di cui lei è devota perché è stato l'unica alternativa alla sua vita di noia.

Il religioso, certamente armato di buone intenzioni, propugna letturine bibliche e meditazioni orientaleggianti avvolte in un linguaggio così sdolcinato da far sembrare death metal le cartoline di buon compleanno in vendita dal tabaccaio.

Se costui fosse intelligente, capirebbe che il suo pur minuscolo successo è dovuto alla confusione e al neonichilismo che oggi regnano.

Leggendo il testo di una di quelle catechesi (una vera sfida all'insonnia) ho notato anche lì il Nuovo Trucco dei Protestanti Travestiti da Cattolici: è una di quelle cose di cui non avevo mai parlato, per evitare di stuzzicare chi non ci avesse ancora pensato, ma temo che ormai il trucco sia ormai istituzionalizzato. Cioè del parlare a ruota libera ricordandosi però di aggiungere nell'ultima riga un generico riferimento alla Madonna in modo da sembrare cattolici.

La quasi totalità di quella catechesi era infatti una mistura equivoca di Antico Testamento, sentimentalismo, orientalismo e altre mode di oggi. Vi si parlava di un “Dio” generico e lontano, e del dover seguire determinate regole.

Certe volte mi verrebbe da proporre: aboliamo il termine “Dio” dal lessico cattolico. Quelle tre lettere, oggi, vengono interpretate come un'entità generica, lontana, incomprensibile, fastidiosa. A chi ha un'idea confusa su Dio, non si può dire “Dio ti ama” sperando che capisca; così come non si può dire “integrale doppio” a chi a stento sa fare le moltiplicazioni.

Per chi ha idee religiose confuse (cioè per la maggioranza della popolazione), poche cose risultano più fastidiose del sentirsi dire “Dio ti ama”. Per chi faticosamente sta affrontando problemi seri (salute, lavoro, famiglia), la frase “Dio ti ama” può avere lo stesso peso della frase “l'oroscopo ti promette fortuna”.

Dopo un discorso alquanto noioso e disarticolato, nelle ultime due righe di quella catechesi arriva la sorpresa: viene nominato “Cristo”. Naturalmente anche il Nome tre volte santo, in quel contesto, evocava piuttosto una figura incomprensibile e lontana. Sembrava quasi che l'autore della catechesi avesse per caso ricordato che bisognava nominarlo, per evitare di apparire come il fautore di una delle tante religioni non cristiane.

Infine, nell'ultima riga, si chiedeva l'intercessione di una generica “Maria”, senza che il testo tentasse di far capire cosa c'entrasse con tutto il resto.

Novantotto righe di religiosità generica e sincretina, una riga per nominare il Figlio di Dio quasi dimenticato e un'ultima riga per aggiungere di forza anche il nome della Beata Vergine.

Anche costui dev'essere uno di quei preti che usano il nome dell'Assunta in Cielo solo come marker di segnalazione per far capire che la predica è terminata, un po' come quando al termine di un film c'è scritto The End.

Nel vasto supermarket delle religioni si trova sempre qualche “novità” (cioè qualcosa che si autodefinisce tale), specialmente tra gli scaffali del cattolicesimo. In tanti, anche preti cattolici, tirano fuori dal cilindro uno o due termini dal lessico cattolico, li imbottiscono di novità alla moda e fondano qualche “riscoperta” di qualche cosa, attingendo adepti tra i fedeli cattolici annoiati dalla parrocchia.

Il meccanismo, in fondo, è quello del senso religioso: “seguitemi! Vi dirò io come si giunge a Dio”. Magari via mailing-list. E così, dopo che l'istituzione parrocchia ha sostanzialmente abdicato al suo scopo (riducendosi spesso ad un agglomerato di attività di cui nessun ateo avverte nostalgia), sorgono i “movimenti” e le “nuove associazioni”, non tutti buoni come Comunione e Liberazione (vedi nota).

Sorgono infatti anche degli autoeletti maestri intenzionati (benintenzionati) a salvare la Chiesa dall'epidemia religiosa, pensando che basti il marketing e la religiosità generica.

Il sacerdote di cui sopra, se togliesse le ultime due righe (di cui si avverte la forzatura), potrebbe far carriera in un qualsiasi ambiente protestante o semplicemente deista, alla sola condizione che i destinatari delle sue catechesi non siano ostili alle mode.

Ma il combattere l'epidemia religiosa con simili ritrovati è la stessa cosa che tentare di guarire un drogato regalandogli sempre più droga.

La prima cosa di cui hanno bisogno oggi molti cattolici delle parrocchie è un buon motivo per continuare ad essere cattolici e per continuare a frequentare le parrocchie nonostante tutto.

Non hanno bisogno di sentirsi dire “Dio ti ama” o una qualunque altra frase fatta proveniente dal linguaggio ecclesialese. Piuttosto hanno bisogno di sapere perché continuare a frequentare i sacramenti, perché la Chiesa, perché la pretesa cristiana. Soprattutto hanno bisogno di vedere: “cercate ogni giorno il volto dei santi”.

Solo che quando tento anche minimamente di accennare al parroco qualcosa del genere, mi sento rispondere: “vuoi insegnare a me come si fa il parroco?”

(Nota: Giovanni Paolo II scrisse a don Giussani: «lei ha voluto indicare non una strada ma la strada, e la strada è Cristo». Riconoscimento notevolissimo ma che rappresenta implicitamente anche una condanna di tutti quei movimenti ed associazioni ecclesiali nati per propugnare una particolare spiritualità - “una strada” - e ridottisi poi a dei club la cui principale preoccupazione pare talvolta il solo aumentarsi il prestigio ed il numero di aderenti).

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(23.5.09)