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(24.06.10)

 Quando leggere è il cibo avariato per la mente

“Leggere è il cibo della mente”, recitava una campagna governativa (no, non è una citazione di Orwell, ma della cronaca italiana di questi ultimi mesi).

Leggere è il cibo della mente, sì, ma... attenzione a come cibiamo la mente!

Non tutte le letture sono uguali. Anzi, molte letture - la maggioranza - sono dannose. Le cose peggiori che ho appreso in vita mia (e che se potessi farei sparire con un'amnesia selettiva) le ho apprese proprio “leggendo”.

Il danno non è immediato. A volte è impercettibile. Leggi tutti i libri di un dato autore, e ne assumi la mentalità. Anche quando si tratta di un romanzo. Soprattutto quando si tratta di un romanzo.

Da piccolo anch'io caddi nel tranello. A furia di sentirmi dire che dovevo leggere, leggere e ancora leggere, cominciai a leggere tutto (anche le etichette delle bottiglie di minerale...)

Trovai un giallo in cui uno dei protagonisti estorce informazioni da una confessione sacramentale, fingendosi prete. Lo faceva a fin di bene. Smisi di leggerlo: un pugno nello stomaco sarebbe stato meno doloroso. Lo ripresi dopo qualche giorno, per lo scontatissimo finale, ma avevo già capito che i gialli non mi piacevano più.

Per sentirmi adulto presi a leggere fantascienza. Noia mortale. Per apparire cupi, tetri e fantascientifici, gli autori di quelle idiozie farcivano ogni paragrafo con una abbondante e noiosissima retorica, composta per gran parte di termini insulsi e futuristici. Mi sembrava non di leggere, ma di non-leggere: quei paroloni incomprensibili dovevano eccitare la mia fantasia e farmi immaginare che esistessero macchinari e astronavi capaci di questo e di quello, che l'autore non era in grado né di descrivere e neppure di figurarsi.

Ciò che mi bruciava di più erano quelle stupide morti nello spazio. Cupi scenari, tetri ambienti, morti eroiche (e meno eroiche) destinate però ad essere men che pulviscolo nel cosmo. Quante volte mi sono domandato che senso abbia tanto eroismo spaziale se poi nella fantascienza si crepa sempre senza i sacramenti.

Per sentirmi grande mi ostinai a lungo a leggere quei romanzetti, cercando di non rimpiangere i gialli che, ancorché cretini, avevano almeno un senso: l'investigatore che cerca la verità senza farsi inquinare dai pregiudizi, la tensione verso una giustizia, l'incapacità di comprendere tutti i fattori della realtà... (nei gialli, tolto il novantotto per cento di sbobba tipica del loro genere, avanzava un po' di questo).

Ad un certo punto smisi del tutto di leggere romanzi. Né fantascienza, né gialli, né altro. Non fu per un vezzo da adolescente, ma per un'irriducibile noia e per l'acquisita consapevolezza che nessuno sa scrivere romanzi (oggi sono meno drastico e penso che pochissimi siano capaci di romanzare senza comporre fiabette imbecilli).

Il don Giussani era con somma evidenza cosciente di questa dinamica. Suppongo che anche lui sia giunto alla stessa conclusione, forse anche alla mia stessa età.

È per questo che volle la collana dei “libri dello spirito cristiano”. Volle darci qualcosa da leggere - fosse anche un mattone tremendo come Vita e destino di Grossman - che però ci lasciasse una domanda aperta, ci lasciasse l'anima pulita, ci mostrasse un'immagine di qualcosa che magari non riuscivamo a cogliere con i ragionamenti teorici.

Ne lessi uno per il solo motivo che al don Giussani avrebbe fatto piacere. Non ricordo più quale romanzo fosse. Ricordo solo che mi piacque e che mi provocò la sensazione opposta a quel giallo di uno sconosciuto autore felice di mostrare un sacrilegio.

Così, tra romanzi e saggi, cominciai a comprare tutto ciò che era della collana di don Giussani. Non li ho ancora letti tutti (può talvolta capitare un mattone come quello di Grossman, anche se sarà arduo raggiungerne la lunghezza: non oso immaginare l'epoca in cui si diceva che Vita e destino era “il libro del movimento”).

Però ogni volta che ne comincio uno, è sempre un piacere.

La collana dei libri dello spirito cristiano è davvero “il cibo della mente”. Non è la collana dello “spirito ciellino”, stiano tranquilli i miei detrattori (due detrattori, cioè il cinquanta per cento dei lettori di questo blog). E “spirito cristiano” non limita la lettura ai soli cristiani; un ateo onesto potrebbe leggerli tutti e apprezzarli tutti.

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(22.9.09)