Quando parlo del sacramento della riconciliazione, in qualsiasi situazione mi accorgo sempre di aver davanti almeno una persona (spesso molte di più) talmente ignorante di catechismo da pensare che i peccati capitali siano questi sette: 1) lussuria, 2) lussuria, 3) lussuria, 4) lussuria, 5) lussuria, 6) lussuria e 7) ancora lussuria.
C'era perfino quel tal parrocchiano che articolò un lunghissimo discorso per arrivare a chiedere qualche trucco per eludere la necessità di confessare qualcuno dei sette ostacoli sopra elencati.
Invece, come dice il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica:
397 [CCC 1865-1866]: Come prolifera in noi il peccato? - Il peccato trascina al peccato, e la sua ripetizione genera il vizio.
398 [CCC 1866-1867]: Che cosa sono i vizi? I vizi, essendo il contrario delle virtù, sono abitudini perverse che ottenebrano la coscienza e inclinano al male. I vizi possono essere collegati ai sette peccati cosiddetti capitali, che sono: superbia, avarizia, invidia, ira, lussuria, golosità, pigrizia o accidia.
Osserviamo con attenzione:
- l'accidia, non sanno neanche cos'è
- la pigrizia, ovviamente è solo degli altri (pigro io? ma come ti permetti? anzi, sono pigro e me ne vanto)
- la golosità la chiamiamo così perché quando si chiamava “gola” nessuno capiva (goloso io? ma come ti permetti? mangio quel che mi pare!)
- l'ira sappiamo cos'è (ma come ti permetti? io mi adiro solo per giusta causa e so sempre in anticipo quando le cause sono giuste o meno!)
- l'invidia ovviamente è solo degli altri (invidioso io? ma come ti permetti? invidioso tu!)
- l'avarizia è solo di chi ci deve qualcosa (avaro io? ma come ti permetti? decido io come far fruttare ciò che ho!)
- la superbia, ovviamente, è solo degli altri (superbo io? ma come ti permetti?)
Per questo, quando devo spiegare il sacramento della riconciliazione, per evitare che concentrino le loro considerazioni sulla sola lussuria, devo far sempre qualche esempio grottesco e brutale: “mettiamo che io spari
una fucilata nel piede di Francesca... se la fucilata non era intenzionale, allora non è peccato grave...”
«Deliberato consenso, materia grave, piena avvertenza»: se manca una di queste tre condizioni, allora non è “peccato mortale”. E intanto nelle teste dei miei interlocutori lampeggiano a caratteri cubitali le insegne luminose con la scritta: “lussuria, lussuria, lussuria”.
Son tempi duri, quelli in cui coesiste un sessismo maniacale (anzitutto nelle parole) e un moralismo patologico (tutti prontissimi ad ergersi campioni di moralizzazione). Per questa ragione, finché l'interlocutore è convinto che il principale (se non l'unico) peccato sia la lussuria, è pericoloso definirsi peccatori.
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