In una famosa rivista pubblicata lo scorso novembre, c'era un articolo intitolato: “Adesso in TV l'amore gay non fa paura”.
Traduzione dalla neolingua: “il Potere ha deciso che adesso (1) i rapporti omosessuali (2) devono essere elogiati (3)”.
(1) in realtà lo ha deciso già da tempo, ma è sempre bene ripetere la parola “adesso”. Per inquinare le menti non c'è niente di meglio della TV, che nel mondo civile viene subita quotidianamente per diverse ore al giorno. Gli esseri umani succubi della TV hanno la memoria più corta dei canarini.
(2) in realtà sappiamo tutti che non è in questione l'«amore», ma i «rapporti omosessuali».
(3) in realtà i rapporti omosessuali non fanno “paura” a nessuno (tranne a chi sta per subirne uno indesiderato).
Al massimo provocano sdegno, ribrezzo, disprezzo. Ma paura no.
La grande menzogna del Potere è sempre la stessa: trasformare un'opinione in reato di opinione. Come in “1984” di Orwell.
Oggi, specialmente oggi, se due omosessuali vogliono “amarsi”, di fatto nessuno glielo vorrà impedire per non passare per “omofobo”.
E finché i loro rapporti non vengono sventolati al pubblico, nessuno dice niente (per il principio “occhio non vede cuore non duole”).
Insomma, in questa società non sono discriminati gli omosessuali, ma sono discriminati coloro che credono che i rapporti omosessuali siano peccato (come nella prima lettera ai Corinzi, capitolo 6, versetto 10, dove dice che i sodomiti non entreranno nel regno dei Cieli... e non lo dice certo per paura o per istigare al razzismo).
Altro che “l'amore gay” e il “fare paura”!
Un altro esempio orwelliano.
«Era il 21 ottobre. Su un autobus di linea di Bologna salgono i controllori. Un gruppo di rom non ha il biglietto, volano insulti, minacce e spintoni. Scesi dal bus, i romeni vengono identificati: non hanno il biglietto ma precedenti penali. Lina S., una signora che è sull'autobus, però, non apprezza il modo in cui uno dei controllori tratta i rom, e scrive una lettera a Repubblica. Risultato: il controllore viene “sospeso a tempo inderminato”. Ora è a casa. Nessuno gli ha concesso il diritto di replica. Non lo ha fatto il quotidiano la Repubblica che ha ignorato la versione del controllore pur avendo pubblicato la lettera della signora Linda Serra con l’accusa di razzismo che gli è costata il posto di lavoro. Non lo ha fatto la sua azienda, Atc di Bologna che preoccupata del danno di immagine subito, ha preferito prendere semplicemente per buona la versione della passeggera indignata, senza fare più attente verifiche, prima di rimuovere un dipendente dal suo incarico, a tempo indeterminato e senza stipendio» (Liberonews, 13 novembre 2008)
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