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(24.06.10)

 Su Piccole Tracce e sulla bellezza dei canti

Ieri mi è arrivata una lettera da Piccole Tracce. Mi fanno sapere che l'abbonamento annuale (sei numeri) è ancora scontato del venti per cento (dunque costa solo 15 euro), nonostante i tempi di crisi per tutti (a cominciare da loro): leggo infatti che ora Piccole Tracce verrà pubblicato dalla Piccola Casa Editrice.

Purtroppo non ho più persone a cui regalare abbonamenti a Piccole Tracce, ed ho ancora modo di provare fastidio nel vedere che qualcuno a cui l'ho regalato non ha poi saputo o voluto apprezzare. La vendita militante in parrocchia, già ostacolata dal parroco, è stata definitivamente sabotata dal zelante seminarista protagonista di un episodio che ho già raccontato in queste pagine e su cui ancora mi vien da ridere (anche se è un sorriso amaro).

Mi lascia sorpreso leggere che Piccole Tracce non naviga in ottime acque: possibile che dei genitori preferiscano spendere quei quindici euro per delle idiozie? Quindici euro non sono neppure una ricarica di cellulare mensile ai loro bambini, non sono neppure il costo di una sera in pizzeria. Fra tante spese inutili, proprio Piccole Tracce bisognava sacrificare? Evidentemente i concetti di bellezza e utilità sono rivolti più ai cellulari e allo zainetto griffato e ai videogiochini... (ed evidentemente ci sono genitori ciellini espertissimi della lettura di Tracce ma incapaci di almeno sfogliare Piccole Tracce).

Non è necessario star qui a ricordare che Piccole Tracce è fatto bene, veramente bene. Bisogna essere proprio seminaristi (e proprio di quella razza di cui ho un prestigioso esemplare visibile in parrocchia nei fine settimana) per essere capaci di disprezzarlo.

Le uniche due alternative a me note sono il Net Magazine e il Giornalino. Ho sfogliato il primo, pensato e realizzato abbastanza bene, ma è evidente che “funziona” solo nelle famiglie cattolicamente ferrate: un bambino, probabilmente, si vergognerà di portarlo a scuola (al contrario, Topolino è universale).

Da bambino mi regalarono qualche copia del Giornalino, che lessi avidamente. Ma non ebbi il coraggio di mostrarlo agli amici di scuola: me ne vergognavo. Agli amici mostri qualcosa di bello, qualcosa che ti riempie, qualcosa che non sia una bambinata (perfino l'album di figurine dei calciatori è fatto in modo professionale, non è una bambinata); “qualcosa di bello” non è ciò che vuoi gustarti solo quando non ti vede nessuno. Una scemenza di giornalino, con infilate dentro delle scemenze dal vago sapore chiesastico, è veramente qualcosa di turpe. Non ho idea di cosa sia oggi il Giornalino, ma il solo sentirne il nome mi ispira ribrezzo e fastidio (pressoché la stessa sensazione di quando apri gli occhi al mattino e ti ritrovi in mente il motivetto di quell'insignificante canzonetta parrocchiale che più detesti).

È la stessa cosa delle canzoni che ti va di cantare quando stai facendo un lavoro manuale: non canti mica i canti della Messa (che in teoria servirebbero ad abbellire la Messa, cioè “fonte e culmine” della vita cristiana e blah blah blah, dunque, sempre in teoria, dovrebbero essere bellissimi, maestosi, commoventi, da riempire il cuore, adatti a sottolineare e spiegare il grandioso mistero che hai davanti). Infatti bisogna essere proprio ubriachi per cantare canti parrocchiali fuori dalle celebrazioni della parrocchia (in verità, confesso che diversi canti del movimento - espressione di un'ingenua baldanza, più ingenua che baldanza, e rimasti nella “tradizione” del movimento solo perché coloro che li cantavano non hanno più smesso di cantarli - non mi vanno a genio neppure durante la Messa).

Ecco, dunque: Piccole Tracce è come un'Ave Maria polifonica; Net Magazine è come Mira il tuo popolo, mentre il Giornalino è paragonabile a Symbolum '77.

Per un po' ci fu qulla moda ecclesiale di incentrare ogni discorso sulla bellezza... Ma la bellezza - cristianamente intesa - è come gli UFO: più ne straparlano, e più significa non l'hanno mai vista (cosa che non fa meraviglia, visto lo scempio architettonico e artistico e musicale perpetrato nelle chiese in questi ultimi decenni).

Agli autori ed editori di Piccole Tracce scriverei volentieri una lettera. Direi loro che è bello, che è ben fatto (ma questo lo sanno già, perché non sono certo stato il primo a dirglielo). Dirò loro che vi sono abbonato nonostante io non abbia dei bambini a cui farlo leggere. Me lo leggo e me lo gusto, perché è una rivista per bambini ma non è una rivista di bambinate. Dovrebbero leggerlo non solo i bambini, ma chiunque abbia a cuore l'educazione dei bambini; naturalmente lo sconsiglio a quelli incapaci di guardare oltre la punta del proprio naso (di quelli che vedendo la rubrica di astrofisica nel “giornale dei bambini”, anziché capire che il cielo va guardato con gli occhi di un bambino, penserebbero erroneamente che la rivista pretende di essere “da grandi” alternando titoloni complicati a bambinate).

Dirò che di Piccole Tracce mi dispiace solo che non sia almeno mensile (e con il doppio o il triplo delle pagine).

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(24.1.09)