Quell'inquietudine che ti fa pensare: “voglio andare a casa” quando sei fuori, e “non ce la faccio più a stare qui” quando sei a casa.
Quell'inquietudine che ti fa pensare: “vorrei mangiare qualcosa”, e quando apri il frigo ti riaccorgi di essere già sazio.
Quell'inquietudine di quando non vedevi l'ora di stare accanto alla morosa, e di quando mentre stavi accanto a lei non vedevi l'ora di andar via e tornare in libertà.
Quell'andare a caccia di cose, di situazioni, di parole, che sai che ti faranno star male, e che cerchi ugualmente.
Quei grandi -grandiosi- propositi della sera prima di dormire, svaniti già all'alba del mattino successivo. Quelle grandi promesse impossibili da realizzare (“ma troverò un modo, o almeno lo spero”), quelle grandi attese, grandi aspettative, sebbene tutto lasci intuire che sarà l'ennesimo buco nell'acqua.
L'animo umano è incontentabile, inquieto, confuso. Sempre. È così che va.
Anche ottenendo tutto ciò che desidera, resta sempre inquieto.
Un'inquietudine infinita ha bisogno di una risposta dello stesso calibro: infinita.
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