Dall'album Sin after Sin dei Judas Priest (1977), accanto a canzonettucole anticlericaloidi e accanto ad alcuni tra gli ultimi ottimi pezzi della loro carriera, c'è ancora questa perla: la canzone Here come the tears, ecco, vengono giù le lacrime.
Once I dreamed that love would come and sweep me up away...
Now it seems life's passed me by, I'm still alone today.
Here come the tears...
Looks like it'll always be the same:
no one here to comfort me.
Here come the tears...
All alone, no one cares.
So much to give to you all out there.
Take me now, in your arms.
Let me rest, safe from harm.
Oh... I want to be loved...
I need to be loved...
Won't somebody love me...?
Here they come, here come the tears...
Here they come, here come the tears...
Here they come, here come the tears...
Here they come, here come the tears...
Here they come, here come the tears...
Here they come, here come the tears...
Here they come, here come the tears...
Here they come, here come the tears...
Here come the tears... (Here they come, here come the tears...)
Here come the tears... (Here they come, here come the tears...)
Here come the tears...
Here come the tears...
Here come the tears, oh,
Here come the tears, oh,
Here come the teaaaars!
Vengono giù le lacrime, sì, ma con un tuono alla fine.
Le lacrime di questa canzone non sono le lacrimose lacrimucce delle canzonettine sentimentalucce delle ragazzine adolescentine depressine.
C'è un tuono, alla fine. Quelle lacrime sono la firma che un uomo orgoglioso non può più evitare di apporre alla sua resa incondizionata.
Il protagonista canta: una volta sognavo che un amore sarebbe venuto a portarmi via con sé, e invece è passata la mia intera vita e sono ancora solo, e vengono giù lacrime, e pare che nessuno avrà mai cura di me, e resterò tutto solo.
E quindi invoca “qualcosa” che i grulli penseranno si tratti della morte (l'ho sempre detto che fa male leggere quelle boiate tipo Dylan Dog).
Ma c'è qualcosa di più: uno non invoca certo la morte se sta dicendo “prendimi ora tra le tue braccia, desidero essere amato, nessuno mi amerà?”
Non c'è niente di più invincibile ed inscalfibile dell'orgoglio coltivato per una vita intera. È per questo che quando viene intaccato si sente quel terribile tuono, come alla fine di questa bella canzone.
Il lunghissimo ripetersi cupo del “preavviso” delle lacrime, seguito dal grido che ripete le stesse parole, è come quel silenzio brevissimo eppure interminabile nel quale un uomo prova quel nauseante senso di vuoto che accompagna il rendersi conto dell'ineluttabile sconfitta del proprio orgoglio.
Il protagonista - come ognuno di noi - desidera essere amato, vuole essere amato, grida “nessuno mi amerà?” solo perché in cuor suo (anche senza saperlo dimostrare) sa che la risposta non è “nessuno”.
E quando sta per cominciare ad ammetterlo, quando quel brivido freddo del prendere coscienza di aver inutilmente sognato per una vita intera gli passa dal volto alla schiena, quando l'ipotesi concreta (almeno l'ipotesi) dell'esistenza di una risposta al vuoto che sente dentro gli si affaccia, ecco che il segno più grandioso e più impossibile minaccia di venir fuori: le lacrime.
È solo, immerso nel silenzio e nella luce, e sta quasi per piangere: e rinvia quel momento pur desiderandolo (è il momento del pentimento, e naturalmente lo teme), e le lacrime che continuamente minacciano di venir giù sono solo il sovraffollarsi delle conferme alla ragionevolezza di quella benedetta ipotesi, mentre il suo orgoglio si dimena rabbiosamente come una feroce bestia ferita, nel viscidume che attende di ricevere a momenti il colpo mortale.
Se c'è una remota possibilità di salvezza per i Judas Priest, è in questa canzone e in Run of the Mill del 1974.
Comunque, il demonio (quello vero) ci mette sempre le corna, ed infatti a Here Come the Tears segue immediatamente la commercialissima Dissident Aggressor, letteralmente “incollata” a questa, come se volesse sterilizzare la sana (santa) ipotesi espressa da Here Come the Tears.
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