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(24.06.10)

 Appunti sull'ultimo film della San Carlo

Appunto qui alcuni motivi per cui il film Taipei - L'ultimo ponte andrebbe mostrato al mio parroco.

Sacerdoti che invitano giovani a prendere sul serio la propria vita, il proprio futuro. “Se il Signore ti chiama, sarà lui ad aiutarti”: detto da uno che ha già sperimentato questa cosa, non è una predica ma una sfida. Sacerdoti innanzitutto uomini, capaci di commuoversi più per le persone che incontrano - per la loro fede, per la loro storia - che per il risultato delle partite di calcio.

Fa un certo effetto vedere dei taiwanesi fare il segno della croce, mentre in parrocchia pare quasi un gesto per cacciar via le mosche. Fa un certo effetto sentirli capire che la fede non è cimentarsi pensosamente nella lettura della Bibbia tentando di cavarne le leggi da imparare a memoria, perché “la fede è quello che abbiamo imparato insieme”.

Quanti cristiani ci sono voluti perché nascesse Agostino? Perché nascesse Dante? Quei cristiani a Taiwan sono come un primo seme. Una vita intera a riflettere su quella possibilità: “se c'è un posto dove bisogna andare a far conoscere Cristo, è la Cina, perché quelli sono come noi, stanno aspettando la stessa cosa che conosciamo noi, ma nessuno glielo dice” (poi, invece che Cina, è stata Taiwan, ma queste sono quisquilie: quel popolo attende Cristo da seimila anni). Fino a riscoprirsi commossi nel fare la Comunione, perché finalmente qualcuno “glielo ha detto”, cioè glielo ha mostrato di persona, con la propria vita.

Interrogano i ragazzi della scuola “sulle grosse domande che interpellano sempre anche noi”. Cioè non sono andati a vendere un prodotto, non sono andati a riversare addosso ai taiwanesi qualche sterile fiume di parole, poiché quelle stesse domande “interpellano anche noi”.

E quella esperienza si propaga. Come quel giovane che testimoniando la sua fede non ripete un discorso, ma parla di cose “sue”, di cose che sta vivendo. Ed il don Paolo che avverte la “paternità”, perché quel suo “figlio” non è banalmente un suo “clone” ma è uno “generato alla fede”.

Il resto delle scene non le commento, perché sono tantissime le impressioni, talvolta in pochi fotogrammi (come qualche passante incuriosito da ciò che avviene nel cortile del “salone del Signore del Cielo”, come quella foto del giovane sacerdote col suo rettore e con i genitori, come i taiwanesi in ginocchio per il ringraziamento alla Comunione, come quella caffettiera espresso perché lì sono arrivati degli uomini con una storia, una vita...)

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(3.11.09)